LIBERIAMO PARCO MASSARI
Parco Massari
Parco Massari
Forse nelle sere nebbiose dell’autunno ferrarese la chiusura dei cancelli del Parco Massari permette al fantasma della piccola Maria Pristina Massari, unica figlia del Duca Francesco, di giocare ancora liberamente tra gli alberi colossali e i vialetti solitari e silenziosi. O forse il muro di cinta che circonda l’area verde è una sorta di patrimonio comune della memoria per tutti coloro che almeno una volta ci si sono rifugiati per fare “fuoco” da scuola, per potersi riparare da eventuali incontri inopportuni con genitori e professori.
Fatto sta che oggi Parco Massari, il più vasto dei giardini pubblici entro le mura della città, è uno spazio fisicamente e idealmente nascosto, ancora non completamente “accessibile” dopo più di 70 anni passati dall’acquisto da parte del comune al fine di destinarlo alla pubblica fruizione. La storia stessa del parco racconta fin dall’inizio una volontà di chiusura: il terreno, di circa quattro ettari e attiguo agli immobili dei Conti Bevilacqua, inizialmente venne adibito ad orto, e solo successivamente trasformato in giardino dal 1780 per volontà del Marchese Camillo Bevilacqua Cantelli, che affidò il progetto all’architetto e pittore ferrarese Luigi Bertelli. Le riproduzioni prospettiche dell’epoca individuano questo grande spazio verde e i suoi viali fiancheggiati da statue mitologiche, labirinti, fontane, tempietti, aiuole, serre per mantenere piante, frutti esotici…
…e un muro di cinta. Decorato con colonnette, urne e vasi, si apriva in sette ingressi – di cui uno è ancora visibile oggi in Corso Ercole I d’Este, all’angolo con Via Guarini. Il muro rimase elemento fondante anche quando, a metà del XIX secolo, tutto il complesso venne acquistato dal Conte Francesco Massari, che oltre a piantare i famosi Cedri del Libano che tutti i ferraresi conoscono per i rami protesi fin su Corso Porta Mare, ri-organizzò il giardino all’inglese, facendo rimanere Parco Massari un luogo mitico e inaccessibile ai cittadini fino alla già citata acquisizione da parte del comune nel 1936.
La domanda che il giovane architetto Rudy Davi vuole porre ai cittadini ferraresi è proprio questa: il muro di cinta ha ancora ragione di esistere? Derivazione storica della natura privata di Parco Massari, ritiene che oggi abbia perso la sua natura funzionale “protettiva”, e costituisca un ostacolo per la vista e per la fruizione libera del parco. Ripensare il parco come cuore pulsante del centro cittadino, liberare i cedri, i tassi, le querce, i ginko, i bagolari, i platani e le paulonie; i picchi, le cinciallegre e i pettirossi; le fontane e i viali; le panchine e i giochi per bambini. Un parco che non chiuda qualcosa al suo interno, ma che si apra, respiri, si faccia attraversare, vedere e vivere dai cittadini. Un nuovo sistema di illuminazione, un più funzionale utilizzo degli spazi, per trasformare Parco Massari in una vera oasi urbana libera e permeabile, passaggio finale della restituzione dell’area ai cittadini e simbolo di una Ferrara città verde e sostenibile.
Fatto sta che oggi Parco Massari, il più vasto dei giardini pubblici entro le mura della città, è uno spazio fisicamente e idealmente nascosto, ancora non completamente “accessibile” dopo più di 70 anni passati dall’acquisto da parte del comune al fine di destinarlo alla pubblica fruizione. La storia stessa del parco racconta fin dall’inizio una volontà di chiusura: il terreno, di circa quattro ettari e attiguo agli immobili dei Conti Bevilacqua, inizialmente venne adibito ad orto, e solo successivamente trasformato in giardino dal 1780 per volontà del Marchese Camillo Bevilacqua Cantelli, che affidò il progetto all’architetto e pittore ferrarese Luigi Bertelli. Le riproduzioni prospettiche dell’epoca individuano questo grande spazio verde e i suoi viali fiancheggiati da statue mitologiche, labirinti, fontane, tempietti, aiuole, serre per mantenere piante, frutti esotici…
…e un muro di cinta. Decorato con colonnette, urne e vasi, si apriva in sette ingressi – di cui uno è ancora visibile oggi in Corso Ercole I d’Este, all’angolo con Via Guarini. Il muro rimase elemento fondante anche quando, a metà del XIX secolo, tutto il complesso venne acquistato dal Conte Francesco Massari, che oltre a piantare i famosi Cedri del Libano che tutti i ferraresi conoscono per i rami protesi fin su Corso Porta Mare, ri-organizzò il giardino all’inglese, facendo rimanere Parco Massari un luogo mitico e inaccessibile ai cittadini fino alla già citata acquisizione da parte del comune nel 1936.
La domanda che il giovane architetto Rudy Davi vuole porre ai cittadini ferraresi è proprio questa: il muro di cinta ha ancora ragione di esistere? Derivazione storica della natura privata di Parco Massari, ritiene che oggi abbia perso la sua natura funzionale “protettiva”, e costituisca un ostacolo per la vista e per la fruizione libera del parco. Ripensare il parco come cuore pulsante del centro cittadino, liberare i cedri, i tassi, le querce, i ginko, i bagolari, i platani e le paulonie; i picchi, le cinciallegre e i pettirossi; le fontane e i viali; le panchine e i giochi per bambini. Un parco che non chiuda qualcosa al suo interno, ma che si apra, respiri, si faccia attraversare, vedere e vivere dai cittadini. Un nuovo sistema di illuminazione, un più funzionale utilizzo degli spazi, per trasformare Parco Massari in una vera oasi urbana libera e permeabile, passaggio finale della restituzione dell’area ai cittadini e simbolo di una Ferrara città verde e sostenibile.
luogo:Parco Massari, Ferrara, IT
categoria:proposta
architetto:Rudy Davi
testo:Fabio Calamaosca
superficie:4 ettari
anno:2009